domenica 29 luglio 2012

Non è

Un giorno mi sono svegliato e pensavo di essere un lieto fine. Sai di quelli tutti baci, abbracci e petali di rosa, candele, queste robe qua. Ma poi mi sono accorto che tutto è un casino, amico mio. E quello che ti cola sulla fronte e non sai cos'è, perché vivi nel buio pesto, non è sangue. Sono sogni.

venerdì 13 luglio 2012

140

Un giorno mi sono svegliato.

giovedì 12 luglio 2012

Tic Tic Tac Tic

Un giorno mi sono svegliato e non so cos'era, perché da alcuni punti di vista m'ero praticamente dimenticato cosa si prova. Che poi basta poco, mi sono detto: sarà il suono che fanno le nuvole quando si scontrano e poi guardi su e di nuvole non ce ne sono. Ecco, mi sono detto: dev'essere quello. Perché alla fine era come se piovesse. M'ha messo allegria, come tutte le volte che una cosa inizia o finisce. A me piglia l'allegria, che poi, dopo, magari m'accorgo che non era allegria manco per nulla ma tristezza. Cambia poco. Cambia il lavoro di qualche muscolo facciale e poco più. Mi sono svegliato, quella volta, ed è stato un po' come sorridere e salutare. Ecco cos'era, mi sono detto, le nuvole non c'entrano un bel cazzo. Sono le dita che picchiettano sulla tastiera ed è il vento che soffia. Mica sarà semplice, quello no: però vuoi mettere. Cazzo, dico: vuoi mettere?

venerdì 20 gennaio 2012

Nuvole

Un giorno mi sono svegliato ed era un sacco di tempo che non raccontavo qualcosa. Non che non avessi più nulla da raccontare. C'è sempre qualcosa da raccontare. Anche quando non ti succede nulla. Anzi, forse è proprio quando non ti succede nulla che raccontare diventa un'esigenza. Magari perché vuoi che qualcosa ti accada. Magari perché devi solo riempire il tempo, e un po' anche lo spazio. Raccontare quando non ti succede nulla è un po' come fare le nuvole con la mente, che non sono sogni, quelli sono una cosa diversa, no: proprio nuvole, dico. Ma non era il mio caso. Nel mio caso era come se le nuvole fossero finte, come quelle fatte di cartone e appiccicate sulle pareti delle scuole elementari. Squadrate, col bordino nero per ritagliare. Ecco com'erano le mie nuvole. Se uno ce l'avesse fatta ad avvicinarsi, però, avrebbe notato che quelle nuvole là erano fatte di lettere. Centinaia, migliaia, milioni di lettere. A un primo sguardo ti sarebbero sembrate tutte uguali, un po' come quando vai dall'oculista e ti sforzi di fare il figo e leggere l'ultima riga. Il grosso problema è che avrei voluto essere Axel Rose, e mi ritrovo invece a guardare le nuvole col bordino nero. Ma porcatroia, però.