giovedì 30 dicembre 2010

A pezzi

Un giorno mi sono svegliato ed era un gran casino, perché quando mi sono svegliato quel giorno ero tutto a pezzettini. Infatti a differenza delle altre mattine ho aperto gli occhi, solo che uno vedeva un tavolo, l'altro un bidet. Ho provato a dire cazzo!, sono sicuro di averlo detto, l'ho detto due o tre volte e l'ho detto pure forte, ma non ho sentito nulla ma in compenso sentivo chiaramente il rumore del caffé salire e le macchine parcheggiare. Ero a pezzi, ve l'ho detto: occhi, mani, bocca, piedi, tutto era sparso in giro per la casa. Non me la sono presa più di tanto. Anche se il problema più grosso, quella mattina, lo ammetto, è stato pisciare.

mercoledì 8 dicembre 2010

A fare

Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato uno che pensava di essere diventato uno scrittore. E andava proprio così, davvero. Ero diventato uno che si guardava intorno e pensava che là fuori tutto poteva essere narrativizzato, o meglio, come dicono quelli che sanno parlare, che poteva essere una storia da raccontare. E allora, siccome mi ci sono svegliato in quel modo e di certo non è colpa mia se mi sveglio sempre in queste condizioni, ci ho creduto, porcamiseria, ci ho creduto davvero. Così guardavo il vecchietto con la borsa della spesa, la mamma e la bambina in passeggino, l'elettricista, il sindaco, lo spacciatore, la maiala di turno: tutti li guardavo, tutti, e pensavo che tutto intorno a me era una storia da raccontare, perché non è colpa mia se un giorno mi sono svegliato ed ero diventato uno scrittore, e gli scrittori si sa come sono, si buttano un occhio intorno e pensano che tutto quello che vedono sia una storia da raccontare. Solo che poi mi sono fermato un secondo e mi sono detto che hai voglia a raccontare, ma se non c'è nessuno che ti ascolta, cazzo parli a fare?