Un giorno mi sono svegliato e mi ero trasformato in una bottiglia. Capii, proprio quel giorno, cosa significhi tenersi tutto dentro. Così mi gettai nel vuoto. Solo che, invece di schiantarmi sulla strada e andare in mille pezzi, cominciai a volare verso il cielo.
lunedì 22 marzo 2010
Sbucciature
Un giorno mi sono svegliato e mi ero trasformato in uno di quelli che passano in corsia d'emergenza quando in autostrada c'è la fila ferma. E pensare, mi dicevo mentre sfrecciavo a 180 mostrando il dito medio a quegli imbecilli fermi impalati, e pensare che fino a ieri ero come voi, poveri idioti, passavo le mie giornate immobile con un cofano come orizzonte e un reticolato come panorama, sfigati che non siete altro. Mi sono svegliato e andavo veloce come il vento, libero, oltre l'umana siepe di lamiera. Che imbecilli siete. Vedete com'è semplice la vita. Poi però, quel giorno, è successa una cosa strana: sono andato a schiantarmi in un improvviso e improvvido muretto. Il brutto della faccenda è che altri avevano seguito il mio esempio, mi avevano eretto a messia metropolitano. Dopo il mio schianto, insomma, la corsia d'emergenza è rimasta imbottigliata, tappata come un'arteria in vista d'infarto. Così, quando è arrivata l'ambulanza, ero già morto. Ero morto dissanguato. E pensare che mi ero solo ferito un dito. Una sbucciatura. Ma a quei coglioni, quel giorno, gliel'ho proprio fatta vedere come si fa.
martedì 16 marzo 2010
Morsi
Un giorno mi sono svegliato ed ero così incazzato che avrei sbranato a morsi persone, alberi, pensieri, parenti, amici, nemici, colleghi, animali, strade, macchine. Tutto. Ero così incazzato che se solo qualcuno mi avesse sfiorato, gli avrei staccato a morsi un dito e poi tutto il braccio e poi la spalla e poi tutto il resto. Va' un po' a sapere come mai. Ci sono quei giorni. Penso che a tutti capiti di svegliarsi, ogni tanto, con la speranza che una catastrofe nucleare si abbatta tutto intorno a lui. Ci sta. Fa parte del gioco. Il brutto è che non dipende da te. Il brutto, di questa faccenda, è che dipende dagli altri. E che quando la sera torni a dormire, nessuna catastrofe nucleare ha allietato la tua giornata.
lunedì 8 marzo 2010
Un cazzo
Un giorno mi sono svegliato e non mi interessava più nulla. Prima di quel giorno, un po' per carattere, un po' per lavoro, un po' per altre cose, ero una di quelle persone che più o meno si interessa a tutto ciò che gli capita intorno. Invece, quel giorno ho aperto gli occhi e veramente non me ne fotteva più nulla. Da quel momento in poi, ho lasciato i giornali da una parte; non ho più letto un sito d'informazione, non ho più ascoltato notiziari alla radio. Anche quando sentivo qualche mio amico o collega parlare, mi affrettavo a raggiungere un posto isolato. Perché il mio interesse era morto e sepolto. E sapete cos'è cambiato nel mondo? Un cazzo. Ecco quello che è cambiato.
lunedì 1 marzo 2010
Bivio
Un giorno mi sono svegliato e non riuscivo più a ridere. Eppure sono uno che ride piuttosto spesso. O almeno fino a quel momento lì lo ero stato. Poi, un giorno, ecco che mi sveglio e che non rido più. Intendiamoci: non che fossi triste, o depresso. Niente di tutto questo. Semplicemente, i muscoli facciali si rifiutavano di compiere quello sforzo che tira su le guance e le labbra. Occazzo, pensai, ora diventerò davvero uno di quelli che chiamano musoni. Uno di quelli che non ride mai. Eppure ridere mi piace. Ma non ci posso fare nulla se un giorno mi sono svegliato e non ero più capace di farlo. Non avevo mica deciso io. Passai qualche giorno in questa situazione. La gente mi chiedeva perché ero così triste. Io non sapevo cosa rispondere, perché in effetti non è che fossi triste. Non più del solito, almeno. Così non rispondevo a nessuno. Poi trascorsero alcune settimane. Incontrai un omino, per strada. Riconobbi subito sul suo viso gli stessi segni che io portavo sul mio. Gli feci un cenno. Mi sentivo quasi parte di una specie di setta segreta. Lui ricambiò il saluto e mi si avvicinò. Mi guardò con occhi languidi, quasi liquidi. Rimanemmo qualche minuto in silenzio. Poi lui disse: "Io l'ho sempre detto che non c'è un cazzo da ridere". Lo guardai. Poi sentii borbottare lo stomaco. Poi i polmoni. Alla fine, scoppiai in una risata indegna e sguaiata. L'omino, ancora più corrucciato, mi voltò le spalle e se ne andò per la sua strada. Io andai per la mia.
Accoglienza
Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato un oggetto che non ero mai stato. Non essendolo mai stato, non avrei saputo dire che oggetto fossi. So solamente che me ne stavo riverso sulla schiena e non mi potevo muovere. Riuscivo solo a vedere dritto davanti a me. C'era un soffitto bianco. All'estrema periferia del mio angolo visuale, un lampadario. Immaginai di starmene su un tavolo. Forse ero un piatto ornamentale, uno di quelli su cui dispiace sempre mettere qualcosa sopra, uno di quelli che si ha paura di sciupare. Un piatto è una cosa nata per accogliere sopra di sé qualcosa d'altro. Se questo qualcosa di altro non ci si mette, chissà a che serve, un piatto. Devo ammettere che, come vita, quella lì era piuttosto noiosa.
Iscriviti a:
Post (Atom)