Un giorno mi sono svegliato ed era un gran casino, perché quando mi sono svegliato quel giorno ero tutto a pezzettini. Infatti a differenza delle altre mattine ho aperto gli occhi, solo che uno vedeva un tavolo, l'altro un bidet. Ho provato a dire cazzo!, sono sicuro di averlo detto, l'ho detto due o tre volte e l'ho detto pure forte, ma non ho sentito nulla ma in compenso sentivo chiaramente il rumore del caffé salire e le macchine parcheggiare. Ero a pezzi, ve l'ho detto: occhi, mani, bocca, piedi, tutto era sparso in giro per la casa. Non me la sono presa più di tanto. Anche se il problema più grosso, quella mattina, lo ammetto, è stato pisciare.
mercoledì 8 dicembre 2010
A fare
Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato uno che pensava di essere diventato uno scrittore. E andava proprio così, davvero. Ero diventato uno che si guardava intorno e pensava che là fuori tutto poteva essere narrativizzato, o meglio, come dicono quelli che sanno parlare, che poteva essere una storia da raccontare. E allora, siccome mi ci sono svegliato in quel modo e di certo non è colpa mia se mi sveglio sempre in queste condizioni, ci ho creduto, porcamiseria, ci ho creduto davvero. Così guardavo il vecchietto con la borsa della spesa, la mamma e la bambina in passeggino, l'elettricista, il sindaco, lo spacciatore, la maiala di turno: tutti li guardavo, tutti, e pensavo che tutto intorno a me era una storia da raccontare, perché non è colpa mia se un giorno mi sono svegliato ed ero diventato uno scrittore, e gli scrittori si sa come sono, si buttano un occhio intorno e pensano che tutto quello che vedono sia una storia da raccontare. Solo che poi mi sono fermato un secondo e mi sono detto che hai voglia a raccontare, ma se non c'è nessuno che ti ascolta, cazzo parli a fare?
lunedì 27 settembre 2010
Complessi
Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato un gatto nero. Che poi non è un grosso problema, perché a me i gatti neri sono gli unici gatti che mi sono sempre restati simpatici. Insomma, voglio dire che non ho mai pensato portassero male. Anzi, questa cosa qua, del gatto delle streghe e tutto il resto, non ha fatto altro che rendermeli ancora più simpatici. No, non è un grosso problema se ti svegli gatto nero. Al limite devi solo fingere di non vedere quelli che si toccano le palle quando ci passi davanti. Il problema è quando ti svegli gatto nero zoppo. Perché ti vengono un po' di complessi. E non sai come gestirli.
venerdì 30 luglio 2010
Dilatazioni
Un giorno mi sono svegliato e le ho dato un cazzotto in faccia. Lo so che non si fa, che non si dovrebbe fare, che un professionista dovrebbe comportarsi in un certo modo e tutto il resto. Lo so, tanto che mi ero ripromesso di non farlo. Giuro, pensavo di farcela. E forse ce l'avrei fatta veramente. Sarebbe bastato che qualche mese fa non avesse pronunciato quelle parole: "Allora, ha tirato la calza?". Non ci riesco. Vorrei non prenderla sul personale e non ci riesco. Sono stato ore davanti allo specchio, lo chiamano training autogeno. Respira, respira. Calma. Sei un professionista. Respira, respira. E' arrivato il giorno della stretta di mano, al limite il giorno del silenzioso commiato da un mondo che non mi appartiene. Stretta di mano, respira, stretta di mano, sorridi, stretta di mano, ci vediamo, respira, sorridi, grazie di tutto, a presto, a tra poco, grazie, respira. Ma ad ogni respiro era come se si gonfiasse un palloncino nella testa, di quelli che quando sono del tutto sgonfi non ce la fai a leggere la scritta, poi respiri e il palloncino si gonfia e ti riempie il capo e sopra c'è scritto: "Allora, ha tirato la calza?" e ci sono pure i denti gialli e lunghi, i baffi odiosi, la boria, l'arroganza, c'è tutto ed è un palloncino che si gonfia e si sgonfia e mentre sorridi, saluti, respiri, il palloncino gonfia e si sgonfia, gonfia e sgonfia, e poi capisci che non è solo un palloncino ma sei tu stesso che gonfi e sgonfi, che palpiti come un gigante cuore impazzito e che respiri, sorridi, stringi mani e saluti, poi non sai che succede perché ti eri preparato tanto bene e invece ti parte un cazzotto che coglie in piena faccia quella faccia che per anni avevi voluto prendere a cazzotti, su cui avresti voluto sputare, che avresti voluto devastare ma che non hai mai fatto perché non gonfiavi e sgonfiavi con il ritmo del tuo cuore e perché ancora non c'erano quelle parole, "Allora, ha tirato la calza?", ma ora ci sono e tu palpiti e ti dilati come un corpo elastico che non vuole più sottostare alle leggi della respirazione. Perché alla fine i cattivi vincono sempre, e se vuoi vincere con i cattivi non ti resta che essere più cattivo dei cattivi.
giovedì 27 maggio 2010
Caverne
Un giorno mi sono svegliato e mi sono messo davanti al fuoco che faceva tremolare la caverna in cui con pochi altri mi ero rintanato, pensando a tutto quello che era successo e a maledire lo sculo come motivo dominante della mia vita. Visto che il mondo finisce nel 2012, mi ero detto a quei tempi, prima di morire insieme a tutti gli altri voglio provare un’emozione nuova: voglio vincere le elezioni. Così ho votato per Berlusconi e sono stato felice per un po’. Solo che poi il mondo nel 2012 non è finito e c’è stata la rivoluzione. Così, chi aveva votato per Berlusconi è stato fucilato in piazza oppure è stato costretto a nascondersi nelle caverne. Ma tu vedi un po’ certe volte.
mercoledì 24 marzo 2010
lunedì 22 marzo 2010
Sbucciature
Un giorno mi sono svegliato e mi ero trasformato in uno di quelli che passano in corsia d'emergenza quando in autostrada c'è la fila ferma. E pensare, mi dicevo mentre sfrecciavo a 180 mostrando il dito medio a quegli imbecilli fermi impalati, e pensare che fino a ieri ero come voi, poveri idioti, passavo le mie giornate immobile con un cofano come orizzonte e un reticolato come panorama, sfigati che non siete altro. Mi sono svegliato e andavo veloce come il vento, libero, oltre l'umana siepe di lamiera. Che imbecilli siete. Vedete com'è semplice la vita. Poi però, quel giorno, è successa una cosa strana: sono andato a schiantarmi in un improvviso e improvvido muretto. Il brutto della faccenda è che altri avevano seguito il mio esempio, mi avevano eretto a messia metropolitano. Dopo il mio schianto, insomma, la corsia d'emergenza è rimasta imbottigliata, tappata come un'arteria in vista d'infarto. Così, quando è arrivata l'ambulanza, ero già morto. Ero morto dissanguato. E pensare che mi ero solo ferito un dito. Una sbucciatura. Ma a quei coglioni, quel giorno, gliel'ho proprio fatta vedere come si fa.
martedì 16 marzo 2010
Morsi
Un giorno mi sono svegliato ed ero così incazzato che avrei sbranato a morsi persone, alberi, pensieri, parenti, amici, nemici, colleghi, animali, strade, macchine. Tutto. Ero così incazzato che se solo qualcuno mi avesse sfiorato, gli avrei staccato a morsi un dito e poi tutto il braccio e poi la spalla e poi tutto il resto. Va' un po' a sapere come mai. Ci sono quei giorni. Penso che a tutti capiti di svegliarsi, ogni tanto, con la speranza che una catastrofe nucleare si abbatta tutto intorno a lui. Ci sta. Fa parte del gioco. Il brutto è che non dipende da te. Il brutto, di questa faccenda, è che dipende dagli altri. E che quando la sera torni a dormire, nessuna catastrofe nucleare ha allietato la tua giornata.
lunedì 8 marzo 2010
Un cazzo
Un giorno mi sono svegliato e non mi interessava più nulla. Prima di quel giorno, un po' per carattere, un po' per lavoro, un po' per altre cose, ero una di quelle persone che più o meno si interessa a tutto ciò che gli capita intorno. Invece, quel giorno ho aperto gli occhi e veramente non me ne fotteva più nulla. Da quel momento in poi, ho lasciato i giornali da una parte; non ho più letto un sito d'informazione, non ho più ascoltato notiziari alla radio. Anche quando sentivo qualche mio amico o collega parlare, mi affrettavo a raggiungere un posto isolato. Perché il mio interesse era morto e sepolto. E sapete cos'è cambiato nel mondo? Un cazzo. Ecco quello che è cambiato.
lunedì 1 marzo 2010
Bivio
Un giorno mi sono svegliato e non riuscivo più a ridere. Eppure sono uno che ride piuttosto spesso. O almeno fino a quel momento lì lo ero stato. Poi, un giorno, ecco che mi sveglio e che non rido più. Intendiamoci: non che fossi triste, o depresso. Niente di tutto questo. Semplicemente, i muscoli facciali si rifiutavano di compiere quello sforzo che tira su le guance e le labbra. Occazzo, pensai, ora diventerò davvero uno di quelli che chiamano musoni. Uno di quelli che non ride mai. Eppure ridere mi piace. Ma non ci posso fare nulla se un giorno mi sono svegliato e non ero più capace di farlo. Non avevo mica deciso io. Passai qualche giorno in questa situazione. La gente mi chiedeva perché ero così triste. Io non sapevo cosa rispondere, perché in effetti non è che fossi triste. Non più del solito, almeno. Così non rispondevo a nessuno. Poi trascorsero alcune settimane. Incontrai un omino, per strada. Riconobbi subito sul suo viso gli stessi segni che io portavo sul mio. Gli feci un cenno. Mi sentivo quasi parte di una specie di setta segreta. Lui ricambiò il saluto e mi si avvicinò. Mi guardò con occhi languidi, quasi liquidi. Rimanemmo qualche minuto in silenzio. Poi lui disse: "Io l'ho sempre detto che non c'è un cazzo da ridere". Lo guardai. Poi sentii borbottare lo stomaco. Poi i polmoni. Alla fine, scoppiai in una risata indegna e sguaiata. L'omino, ancora più corrucciato, mi voltò le spalle e se ne andò per la sua strada. Io andai per la mia.
Accoglienza
Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato un oggetto che non ero mai stato. Non essendolo mai stato, non avrei saputo dire che oggetto fossi. So solamente che me ne stavo riverso sulla schiena e non mi potevo muovere. Riuscivo solo a vedere dritto davanti a me. C'era un soffitto bianco. All'estrema periferia del mio angolo visuale, un lampadario. Immaginai di starmene su un tavolo. Forse ero un piatto ornamentale, uno di quelli su cui dispiace sempre mettere qualcosa sopra, uno di quelli che si ha paura di sciupare. Un piatto è una cosa nata per accogliere sopra di sé qualcosa d'altro. Se questo qualcosa di altro non ci si mette, chissà a che serve, un piatto. Devo ammettere che, come vita, quella lì era piuttosto noiosa.
martedì 23 febbraio 2010
Start
Un giorno mi sono svegliato e non c'era più nessuno in giro, e io ho pensato che era proprio come quella volta che avevo letto un Dylan Dog per poi scoprire che ancor prima era un film e forse prima prima era un libro, quindi, alla base, non c'era più nessuno in giro ed era proprio come una sorta di idea di partenza. Avevo sempre avuto voglia di far sparire un po' di gente, certi giorni anche tutta la gente.
mercoledì 17 febbraio 2010
Fulcri
Un giorno mi sono svegliato con un'idea in testa. Non riuscivo a pensare ad altro. Mi sforzavo, mi impegnavo, ma proprio non ci riuscivo. Mi sono svegliato, quel giorno, e pensavo che per fare il giro del mondo bastano 24 ore. Solo ventiquattro ore, e precise. Senza aerei, senza astronavi: è pura matematica. Dipende solo dall'ottica con cui si guardano le cose. Ho pensato, infatti, che uno potrebbe legare un filo lungo lungo, legarlo al sole, e starsene penzoloni, anche solo a un metro da terra. Te ne stai lì, penzoloni, e guardi la Terra che gira su se stessa. Insomma, quella mattina mi sono svegliato e ho pensato di diventare il fulcro di tutto. Se la matematica non è un'opinione, del resto, se mezzogiorno torna ogni ventiquattro ore, il viaggio della Terra sotto i tuoi piedi ciondolanti durerà solo questo lasso di tempo. Pensa un po', mi dicevo: un giorno solo e potrai vedere alla luce del sole, sempre alla luce del sole, tutta l'Europa, l'oceano, l'America, l'Asia, posti bellissimi, gente meravigliosa; pensa, mi dicevo, te li vedi passare sotto, al limite accanto, li saluterai e loro saluteranno te prima di partire via insieme alla rotazione della Terra. Diventare il fulcro intorno a cui girano pianeti e vite. Uno spasso. Poi. però, mi sono vestito e sono andato a lavorare: dovevo finire di scrivere un articolo sullo sviluppo economico del Valdarno Superiore all'inizio degli anni '80.
martedì 9 febbraio 2010
Dissolvenza in bianco
Un giorno mi sono svegliato ed ero diventato una nuvola. Ma la cosa più ganza, in tutto questo, è che ovunque mi voltassi c'erano nuvole. Pensai: be', dev'essere proprio una giornatina di merda, vista da laggiù. Poco me ne cale, pensai. Ormai sono quassù, e chi s'è visto s'è visto. Ero tutto bello soffice, sapete come sono le nuvole, leggero e ingombrante come un pensiero inatteso e imprevedibile; mi lasciavo trasportare dal vento del mattino, e ogni tanto, lo ammetto, davo qualche botta a una vicina nuvola impicciona. Che tuoni, ragazzi. Roba da perderci la testa. Solo dopo un po' di tutto questo divertimento mi sono reso conto di essere l'unica nuvola bianca in mezzo a un gregge intero di nuvoloni neri, brutti e cattivi. Mi facevano paura. Cavolo, tremavo tutto, tramavo tanto, tremavo così forte che tutto d'un tratto mi sono dissolto in una cascata di piccole gocce di pioggia tiepida.
lunedì 8 febbraio 2010
Inneschi
Un giorno mi sono svegliato e non esistevo più. Cazzo, uno pensa mille volte al giorno che sarebbe quasi meglio non esistere. Poi, invece, ti ritrovi a non esistere più e tutt'a un tratto, alla fine, ti dispiace. Nessuno ti parla, ma su questo si può sorvolare; nessuno ti saluta, ma anche su questo si può sorvolare. Scrivi delle mail e nessuno ti risponde; telefoni a qualcuno e nessuno ti risponde. Hai difficoltà pure a parlare con te stesso, perché un giorno ti svegli e non esisti più. Pensavi che sarebbe stato bello, una passeggiata di salute, invece quando un giorno ti svegli e non esisti più, alla fine, ti manchi un bel po'. L'unica puntina che ti tiene appiccicato al mondo per come lo conosci è quella sorta di fitta tra lo stomaco e lo sterno, proprio lì, quella sorta di innesco che ti rende potenzialmente una bomba umana. E allora forse è una fortuna che proprio quel giorno ti sia svegliato senza esistere. Forse domani tornerai tra noi, e sarai disinnescato ancora una volta, purtroppo.
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